Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio

Leonarda Cianciulli è stata un serial killer, nota come “la saponificatrice di Correggio”. Commise 3 omicidi

Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio

Biografia

Leonarda Cianciulli è nata nel 1892 a Montella, in provincia di Avellino, da Emilia di Nolfi e Mariano Cianciulli.

Fu un’infanzia difficile, da lei così descritta: “Ero una bambina debole e malaticcia, soffrivo di epilessia, ma i miei mi trattavano come un peso, non avevano per me le attenzioni che portavano agli altri figli. La mamma mi odiava perché non aveva desiderato la mia nascita. Ero una bambina infelice e desideravo morire. Cercai due volte di impiccarmi; una volta arrivarono in tempo a salvarmi e l’altra si spezzò la fune. La mamma mi fece capire che le dispiaceva rivedermi viva. Una volta ingoiai due stecche del suo busto, sempre con l’intenzione di morire, e mangiai due cocci di vetro: non accadde nulla“.

Nel 1914 sposò Raffaele Pansardi, un impiegato dell’ufficio del registro e andò a vivere ad Ariano Irpino. Nel 1930, in seguito al terremoto dell’Irpinia, la loro casa venne distrutta e decisero di trasferirsi a Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Grazie ai soldi del risarcimento statale concesso ai terremotati e al commercio degli abiti usati portato avanti da Leonarda, le condizioni dei coniugi Pansardi si risollevarono.

La Cianciulli ebbe 17 gravidanze, ma le sopravvissero solamente 4 figli. Questi 4 bambini divennero per lei un’ossessione. Nel 1939, Giuseppe, il figlio maggiore da lei prediletto, che studiava lettere all’Università di Milano e lavorava come istitutore al Collegio Nazionale di Correggio, fu chiamato a prestare il servizio militare (la minaccia dell’entrata dell’Italia in guerra era sempre più incombente). Bernardo e Biagio, invece, frequentavano il ginnasio, e Norma, l’ultima figlia, andava all’asilo. Nella mente Leonarda cominciarono a farsi strada pensieri, tanto che decise che per salvare la vita dei suoi figli avrebbe dovuto fare dei sacrifici umani.

Anni prima, infatti, si fece leggere la mano da una zingara e questa le disse: “Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti i figli tuoi moriranno“. Poi si rivolse ad un’altra zingara, che le disse: “Vedo nella tua mano destra il carcere e nella sinistra il manicomio“.

Di quei momenti così tragici ricordava alcuni pensieri: “Non posso sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sogno le piccole bare bianche di quegli altri, inghiottiti uno dopo l’altra dalla terra nera… per questo ho studiato magia, ho letto libri che parlano di chiromanzia, astronomia, scongiuri, fatture e spiritismo: volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli“.

Leonarda frequentava 3 amiche, donne sole e non più giovani che avrebbero fatto qualsiasi cosa per cambiare le loro vite.

Il primo omicidio

La prima vittima si chiamava Faustina Setti. La Cianciulli le disse di averle trovato un marito a Pola, le consigliò di vendere tutto, ma si raccomandò di non parlarne con nessuno perché avrebbe potuto scatenare delle invidie.

Il giorno della partenza, Faustina si recò a casa sua per salutarla. Dato che Faustina era semi analfabeta, Leonarda le offrì il suo aiuto, invitandola a scrivere alcune lettere e cartoline per amici e parenti che avrebbe poi spedito da Pola, nelle quali diceva di stare bene e che tutto procedeva per il meglio.

L’amica però non giunse mai a destinazione. Quel giorno stesso, infatti, la Cianciulli la uccise a colpi di scure e la trascinò in uno stanzino. Poi sezionò il cadavere e fece colare il sangue in un catino.

Nel suo memoriale scrisse: “Gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica, che avevo comperato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno, lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, e mescolai il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io“.

Qualche giorno dopo il suo primo omicidio, la “saponificatrice” mandò il figlio Giuseppe fino a Pola affinché imbucasse le lettere della vittima per farle giungere ai destinatari con il timbro postale giusto e vendette i suoi indumenti.

Gli altri omicidi

La seconda vittima si chiamava Francesca Soavi, sognava di andar via da Correggio, trovando impiego in un altro luogo. Leonarda le disse di averle trovato un lavoro nel collegio femminile di Piacenza. Francesca accettò con gratitudine e la mattina del 5 settembre 1940 raggiunse l’amica per salutarla. La Cianciulli convinse la donna a scrivere due cartoline che avrebbe dovuto spedire da Correggio per annunciare ai conoscenti la partenza. Posata la penna, Leonarda, come da copione, si avventò sulla donna con la sua scure e l’uccise.

Da questo omicidio guadagnò circa 3.000 lire che la Soavi aveva con sé. Per ricavare maggiori guadagni, i giorni successivi Leonarda disse che era stata incaricata da Francesca a vendere tutti i suoi beni e i mobili. Giuseppe, su incarico della madre partì per Piacenza e spedì le cartoline.

La terza vittima si chiamava Virginia Cacioppo. Era un’ex-cantante lirica, 53enne, costretta a vivere in miseria.

Leonarda le propose un incarico a Firenze, come segretaria di un misterioso dirigente teatrale che avrebbe potuto reintrodurla nell’ambiente. Pregò di non farne parola con nessuno, dicendole che l’uomo era stato suo amante e che se si fosse sparsa la voce che lei lo vedeva ancora la sua famiglia l’avrebbe disprezzata. Virginia, entusiasta della proposta, mantenne la promessa e il 30 settembre 1940 si recò da Leonarda.

Di lei la Cianciulli disse: “Finì nel pentolone, come le altre due… la sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce“.

La cattura

Fu la cognata dell’ultima vittima a insospettirsi dell’improvvisa sparizione di Virginia, che aveva visto entrare nella casa della Cianciulli prima di far perdere le sue tracce. Decise, quindi, di confidare al questore di Reggio Emilia i suoi sospetti, il quale seguì le tracce di un Buono del Tesoro di Virginia, presentato al Banco di San Prospero dal parroco di san Giorgio, a Correggio.

Convocato dal questore, il prete disse di aver ricevuto il buono da Abelardo Spinarelli, amico della Cianciulli. Spinarelli dichiarò di averlo ricevuto dalla Cianciulli per il saldo di un debito. Le tracce condussero le indagini fino a Leonarda, la quale confessò i suoi 3 omicidi.

Gli inquirenti, però, non riuscivano a credere che una donna anziana, bassa e grossa avesse potuto fare tutto da sola e andarono alla ricerca di un complice che l’avesse aiutata a compiere i delitti. Il sospettato numero uno fu il figlio Giuseppe che al processo (1946) dichiarò di aver spedito le lettere, senza però sapere la verità. La madre, intenzionata a difenderlo con tutte le sue forze, propose una dimostrazione atta a far capire che lei era l’unica artefice di quella mattanza. Davanti a magistrati e avvocati, in 12 minuti, sezionò il cadavere di un vagabondo morto in ospedale e procedette con le tecniche di saponificazione.

La condanna

Leonarda Cianciulli fu riconosciuta come unica autrice dei 3 omicidi. Venne condannata a 30 anni di reclusione e a 3 anni di manicomio giudiziario. In carcere scrisse, lavorò a uncinetto e cucinò biscotti (che nessuno aveva voglia di assaggiare). Ricevette le visite regolari dei figli.

Il 15 ottobre del 1970, morì nel manicomio giudiziario femminile di Pozzuoli, stroncata da apoplessia cerebrale.

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FonteUfficiale.com