Gli strumenti di tortura del passato

Gli strumenti di tortura sono stati utilizzati in passato per ottenere informazioni da persone catturate da fazioni nemiche o imprigionate

Gli strumenti di tortura del passato
Gli strumenti e i metodi di tortura sono stati utilizzati nel passato e, in alcuni stati, sono ancora impiegati oggi principalmente per ottenere informazioni da persone catturate da fazioni nemiche o imprigionate.

Questi metodi si basano sull’assunto controverso che il dolore fisico o il terrore psicologico dovrebbero costringere la persona sottoposta alla tortura a confessare i crimini commessi o le informazioni di cui dispone.

È interessante notare che in epoca contemporanea, nel contesto del BDSM, si è diffuso l’uso di adottare metodi di tortura, estratti dal loro contesto originario inquisitorio, ma eseguiti in modo da non causare conseguenze fisiche permanenti. In questo secondo caso, la tortura ha lo scopo di provocare piacere sessuale, soprattutto nelle persone masochiste e sadiche.

Quando si sente o si legge la parola “tortura“, la maggior parte di noi pensa alla Chiesa, alla Santa Inquisizione e al Malleus Maleficarum. Tuttavia, la tortura ha origini molto più antiche e potrebbe persino essere intrinseca all’essere umano. L’uomo ha perpetrato una serie di atrocità incredibili nel corso della storia e ancora oggi trova un certo piacere nell’applicarle sugli animali e sui propri simili.

Quali scopi aveva la tortura nel passato?

Sicuramente c’era un piacere nel causare dolore, ma il suo principale obiettivo era costringere una persona a compiere determinate azioni. Le persone torturate erano spesso rivali politici, rivali in amore, rivali commerciali o semplicemente vittime di invidia. La pressione del dolore veniva utilizzata per costringere la vittima a dichiarare pubblicamente qualcosa che la screditasse o che fosse contro le leggi del tempo. In sostanza, la tortura serviva semplicemente per eliminare “innocenti” che si trovavano nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

È importante distinguere tra i metodi di tortura e i metodi di esecuzione. Contrariamente a quanto si possa pensare, nella maggior parte dei casi, la tortura non aveva lo scopo di uccidere il sospettato. Questo concetto è meglio compreso quando si analizza la famosa caccia alle streghe orchestrata dalla Chiesa nel tardo Medioevo. La Chiesa Cattolica, nel XV secolo, si trovava in una situazione politica disastrosa, con le crociate che si erano rivelate costose sia in termini di denaro che di vite umane. Inoltre, il Grande Scisma aveva indebolito l’autorità papale e ogni anno nuovi gruppi cristiani si separavano per fondare le proprie dottrine e culti. A tutto ciò si aggiungeva la crescita sia in numero che in pericolosità dei musulmani, mentre nonostante la repressione del primo millennio contro i pagani (considerati eretici), questi continuavano a proliferare in tutta Europa.

La Chiesa Romana si presentava come l’unica guida corretta, come protettrice del bene e doveva apparire come un’istituzione benigna. Pertanto, era necessario estirpare il male senza sembrare un mostro. Sembrerà paradossale, ma la tortura, come spiegato nel famoso Malleus Maleficarum, non doveva portare alla morte del sospettato, almeno fino a quando non confessava. La Chiesa non voleva creare martiri, altrimenti la sua immagine sarebbe stata compromessa. Ecco perché nel Malleus Maleficarum si consigliava l’uso sia della tortura fisica che di quella psicologica, al fine di spingere il sospettato a confessare ciò che si desiderava “volontariamente“.

I più atroci strumenti di tortura che l’uomo ha utilizzato nei secoli
Pungolamento

Durante l’era della caccia alle streghe, pungere un sospettato di stregoneria non era inizialmente una forma di tortura, ma un metodo per determinare la colpevolezza. Per verificare se la persona era una strega o uno stregone, veniva spogliata e si cercava sul suo corpo un neo o un’escrescenza, poi si pungeva la zona con uno spillone: se la ferita sanguinava, allora il sospettato era considerato innocente, altrimenti l’assenza di sangue era ritenuta una prova chiara di stregoneria. Tuttavia, a causa del dolore estremo provocato dalle punture, questo metodo venne successivamente utilizzato come forma di tortura, impiegando chiodi, punteruoli e spilloni per tormentare le presunte streghe e costringerle a confessare le loro colpe. Questa forma di tortura fu particolarmente diffusa in Scozia e in Inghilterra.

Tortura della ruota

Questo metodo di tortura era ampiamente utilizzato nel Medioevo, ma le sue origini sono molto antiche. Si ritiene che gli antichi egizi utilizzassero già la ruota per torturare i prigionieri e che i greci ne facessero largo uso. La tortura consisteva nel legare l’eretico (o il prigioniero di guerra) a una ruota di un carro con delle corde, quindi le braccia e le gambe venivano colpite con martelli o pietre fino a quando il prigioniero non confessava. In alcuni casi, la tortura poteva culminare con l’esecuzione: sebbene fossero preferite pene capitali più “spettacolari”, poteva accadere che il malcapitato, una volta confessato, venisse lasciato legato alla ruota e esposto in pubblica piazza, dove sarebbe morto per fame o per le lesioni subite.

Tortura della tavola

Questo metodo era ampiamente utilizzato nel Medioevo poiché richiedeva pochi strumenti, ma era estremamente efficace nel far estorcere confessioni. Il prigioniero veniva legato mani e piedi a quattro funi montate su rulli che venivano tirati con l’ausilio di carrucole. Se la confessione tardava, si arrivava anche a slogare le articolazioni del prigioniero.

Vergine di Norimberga (o “fanciulla di ferro”)

Fu un metodo di tortura sviluppato in Germania. Vennero costruiti numerosi modelli, ma tutti avevano le sembianze di una ragazza e contenevano un vano stretto in cui la vittima veniva introdotta. Solitamente, al solo vederla, i prigionieri confessavano ogni tipo di malefatta loro contestata, poiché spesso chi vi era rinchiuso non sopravviveva: lungo le pareti erano posizionati spuntoni metallici affilati che trafiggevano il corpo del prigioniero. La disposizione degli aculei non era casuale, ma ben studiata: dovevano trapassare il corpo della vittima senza colpire gli organi vitali, causando un dolore atroce e instillando nella vittima il pensiero di una lunga agonia. Questa forma di tortura talvolta sfociava nell’esecuzione, ma la morte avveniva principalmente quando il sospettato si rifiutava di confessare i crimini contestati e moriva per emorragia dopo giorni di sofferenza.

Pulizia dell’anima

Era una pratica che si svolgeva durante il Medioevo nei paesi cattolici, in cui si credeva che l’anima di una strega o di un eretico fosse “sporca” e corrotta dal Diavolo, capace di infettare anche gli spiriti più puri con terribili malattie. Prima di un processo presieduto da un importante membro del clero, si doveva letteralmente “lavare” l’anima dell’accusato. Questo rito di purificazione rientrava tra le forme di tortura, poiché le vittime venivano costrette a inghiottire acqua calda, cenere, carbone e persino sapone (metodi utilizzati per lavare i vestiti all’epoca). La famosa frase “sciacquare la bocca con il sapone”, ancora utilizzata oggi, deriva da questa tortura.

Ordalia del fuoco

Non era propriamente una tortura, ma una prova a cui venivano sottoposti i presunti eretici per dimostrare la loro innocenza. Tuttavia, a causa dei danni e del dolore che provocava, in realtà si trattava di una forma di tortura, e molti preferivano confessare e firmare la propria condanna a morte pur di evitarla. L’ordalia del fuoco veniva solitamente applicata a più persone contemporaneamente e consisteva in un rituale di preparazione: tutti gli accusati di praticare il paganesimo o la stregoneria venivano sottoposti a benedizioni ed esorcismi continui per tre giorni; dovevano ricevere i sacramenti e osservare un digiuno totale. Trascorsi i tre giorni, gli accusati dovevano trasportare a mani nude un pezzo di ferro rovente per una certa distanza. Il peso e la forma dell’oggetto variavano a seconda del reato contestato, ma la temperatura rappresentava il vero.

Ordalia dell’acqua

Come l’ordalia del fuoco, anche questa era una prova da superare dopo un rito di purificazione di tre giorni. Si credeva che, così come il Diluvio Universale cancellò i peccati dell’umanità, l’acqua potesse purificare la malvagità di una presunta strega. Dopo tre giorni di penitenza, la vittima doveva immergere le mani in acqua bollente, la cui profondità variava a seconda dei crimini contestati (spesso alle donne veniva richiesto di immergere le braccia fino ai gomiti). Dopo tre giorni, le bruciature sulla pelle venivano controllate e si valutava l’identità dell’accusata. Una variante era l’ordalia dell’acqua fredda: la presunta strega veniva legata mani e piedi con una fune e poi immersa in acqua per un certo periodo; se galleggiava, era considerata colpevole perché si credeva che l’acqua “rifiutasse” le creature demoniache, mentre se affondava, era innocente. Purtroppo, molte delle accusate morivano annegate a causa dell’eccessiva durata dell’immersione.

Immersione dello sgabello

Questa tortura, sebbene simile all’ordalia dell’acqua fredda, non aveva preparazione o rito accompagnatori. Era una prova a cui venivano sottoposte le donne anziane considerate streghe e venivano legate a uno sgabello di legno in modo che non potessero nuotare e affondassero. L’accusata veniva legata a un sedile di legno leggero e le corde venivano strette per impedire ogni movimento delle braccia. Lo sgabello veniva poi immerso in uno stagno o in una palude, ma nella maggior parte dei casi risaliva in superficie e la donna veniva dichiarata colpevole. Le donne più anziane difficilmente arrivavano alla pena di morte perché lo shock dell’immersione era spesso sufficiente a ucciderle durante la prova.

Immersione nel ghiaccio o nella neve

Oggi, una delle torture utilizzate contro gli sospettati di spionaggio è quella di rinchiuderli in una “stanza del freddo” (una cella refrigerata): oltre a danneggiare il corpo, il freddo mette a dura prova anche la mente del torturato, che col passare del tempo perde lucidità e si instaura la paura. Risalendo nel tempo, la tecnica di ottenere informazioni dai nemici immergendoli nella neve o in laghi ghiacciati risale addirittura ai tempi dei Vichinghi, che in questo modo riuscivano a ottenere qualsiasi informazione desiderassero: dovevano solo aspettare, e nemmeno troppo a lungo.

Ingurgitare acqua

Questo metodo consisteva nel costringere la vittima a bere acqua attraverso un imbuto fino a confessare completamente i propri peccati. In molti casi, si arrivava a far assumere quantità di acqua superiori a 10 litri, e se il dolore non era sufficiente per ottenere una confessione di colpevolezza, la vittima veniva fatta sdraiare a pancia in giù per aumentare la sofferenza necessaria alla resa. Durante la Seconda Guerra Mondiale, venne utilizzata una variante nei paesi nordici, in cui i prigionieri venivano costretti a bere acqua ghiacciata. Il ghiaccio o l’acqua congelata provocavano forti dolori addominali che portavano anche il soldato più resistente a cedere.

Ingestione di oggetti

Una delle forme di tortura più recenti, risalente alle guerre del Vietnam e del Golfo, consisteva nel far ingoiare ai prigionieri di guerra olio per macchine o oggetti appuntiti come chiodi. Nel caso dei prigionieri musulmani, un metodo particolarmente efficace per estorcere informazioni era far loro ingoiare carne di maiale. Spesso, la semplice minaccia era sufficiente per ottenere una confessione.

Ingestione di cibo avariato

Uno dei metodi di tortura moderni più utilizzati nelle carceri consiste nel far mangiare cibo deteriorato o scaduto ai detenuti al fine di ottenere informazioni sui loro crimini. Il dolore addominale causato dal cibo avariato è sufficiente per mantenere la disciplina nelle carceri di massima sicurezza e spaventare i criminali più problematici.

Alimentazione forzata

Durante la seconda guerra mondiale, sia i tedeschi che gli alleati ricorsero alla pratica dell’alimentazione forzata come forma di tortura sui prigionieri. Questo consisteva nel costringere i prigionieri ad ingerire sostanze aggressive come acqua salata concentrata, estratto di peperoncino, liquidi irritanti, liquori forti, urina ed escrementi. Non c’erano limiti alla creatività nel trovare nuove sostanze, poiché la resistenza dei prigionieri veniva rapidamente spezzata.

Frusta o flagello

La frusta o il flagello sono sempre stati strumenti molto efficaci per infliggere dolore e ferite, e di conseguenza, punire o costringere un prigioniero a confessare. Nell’antichità, le fruste erano realizzate con una sottile corda intrecciata o una cinghia, spesso con un lungo manico di legno flessibile o una maniglia rigida. Nel corso del Medioevo, le fruste furono modificate aggiungendo pezzi di metallo appuntiti o sostituendo la corda con una catena di ferro con borchie o punte per penetrare nel corpo dei flagellati. Sebbene la frusta fosse principalmente utilizzata come arma, non era raro che venisse usata per costringere un sospettato a confessare qualsiasi crimine di cui era accusato.

Culla della strega

La “culla della strega” era una delle torture meno invasive, ma altrettanto efficace nel ottenere una confessione completa. Solitamente, questa pratica veniva inflitta alle donne accusate di stregoneria. La sospettata veniva chiusa in un sacco che veniva poi legato a un ramo in modo che potesse oscillare continuamente. Questo semplice metodo portava a risultati eccezionali: l’oscillazione causava un profondo senso di disorientamento che, nel tempo, si traduceva in nausea, vomito, vertigini e intense allucinazioni. Questo metodo fu addirittura abbandonato durante la caccia alle streghe, poiché molte confessioni ottenute in questo modo erano così assurde da far pensare che le vittime fossero affette da pazzia piuttosto che da stregoneria.

Tortura a testa in giù

Questa tortura è molto simile alla culla della strega, ma veniva utilizzata per punire diversi malviventi ed era spesso eseguita in pubblica piazza. Si prendeva una persona sospetta, si legavano i suoi piedi e veniva appesa a testa in giù. Quando il sangue affluiva alla testa, la vittima veniva mantenuta vigile con secchiate di acqua gelata e alla fine, a causa del malessere, si costringeva a confessare le colpe contestate.

La gabbia

Ci sono prove dell’uso di questa semplice tortura sin dai tempi degli antichi romani. Si utilizzavano gabbie metalliche molto strette e allungate, in cui i prigionieri venivano costretti a stare in piedi o sdraiati in uno spazio appena sufficiente. L’immobilità procurava terribili crampi e il dolore aumentava nel tempo, fino a una “spontanea” confessione. La parte più brutale era che a volte la confessione non bastava per essere liberati: molte gabbie venivano preparate in grotte o celle di castelli, dove le urla di dolore non potevano essere udite da nessuno e i prigionieri erano destinati a morire in modo atroce.

Il topo

Questa tortura veniva principalmente eseguita sugli eretici. Si prendeva un topo vivo e vigoroso, spesso tenuto a digiuno per alcuni giorni, e veniva inserito nella vagina o nell’ano con la testa rivolta verso gli organi interni. Il roditore cercava una via di fuga graffiando e mordendo le carni delle vittime, inducendole a confessare il più rapidamente possibile nella speranza che qualcuno rimuovesse il topo dal loro corpo. In alcuni casi, tuttavia, il destino degli accusati era chiaro sin dall’inizio, poiché una volta inserito il topo, l’apertura veniva cucita, condannandoli a morire perforati dal roditore. Una variante consisteva nell’appoggiare un secchio sul ventre del prigioniero, all’interno del quale veniva collocato un topo, e accendere un fuoco alla base del contenitore: non appena il calore faceva muovere il topo, quest’ultimo cercava di sfuggire al calore aprendosi un varco nella pancia del prigioniero. Normalmente l’accusato confessava anche solo alla minaccia di ciò che gli sarebbe stato inflitto.

il Cavalletto

Questo era un metodo di tortura molto semplice che richiedeva pochi oggetti. L’accusato veniva legato a una panca o un banco con la schiena rivolta al torturatore; poi veniva colpito con uno scudiscio o letteralmente preso a schiaffi. Questa forma di punizione era in uso a Roma fino al XIX secolo.

schiacciamento Progressivo

Questa forma di tortura è stata descritta nei documenti del processo alle streghe di Salem del 1692, ma risale a tempi ben antecedenti ai romani. La vittima veniva stesa a terra e sopra di lei veniva posizionata una tavola di legno; poi la tavola veniva caricata con pietre o pesi sempre più pesanti, allo scopo di estorcere una confessione dalla persona. In Europa, questa forma di tortura è stata utilizzata spesso e per oltre 1.500 anni.

la Sedia delle Streghe

Conosciuta anche come “sedia inquisitoria“, era utilizzata per costringere le donne a confessare quando mostravano una forte resistenza al dolore. La presunta strega veniva fatta sedere su una sedia con chiodi e spunzoni che sporgevano, veniva immobilizzata con manette o blocchi e costretta a sedersi sugli aculei. Di solito veniva utilizzata in presenza di alti prelati o in processi su larga scala, quando era necessario ottenere confessioni nel minor tempo possibile. Esistevano varianti di sedie con spine o schegge di vetro, e se nonostante il dolore l’accusata non confessava, le parti metalliche venivano riscaldate per infliggere ancora più sofferenza. Questo metodo venne utilizzato nei secoli XVI e XVII per le donne accusate di stregoneria.

Annodamento

Questa forma di tortura era specificamente progettata per le donne accusate di stregoneria, ma venne utilizzata principalmente nei primi anni del 1400. Le donne con capelli lunghi iniziarono a temere questa pratica e, al minimo sospetto di accusa, preferivano tagliare i capelli corti. Per far confessare le presunte streghe, i capelli delle donne venivano avvolti attorno a un bastone che veniva ruotato o talvolta tirato con forza per causare un immenso dolore. In alcuni casi, lo scalpo delle accusate veniva persino rimosso.

Disco di Norimberga

Questa tecnica di tortura iniziò ad essere utilizzata quando i metodi per estorcere le confessioni vennero criticate per i danni che causavano ai sospettati: verso la metà del 1500, i metodi dell’Inquisizione provocarono diverse rivolte da parte del popolo in tutta Europa e persino la nobiltà si dissociò. Nel timore che dalle “opere giuste” si passasse al martirio, il Clero optò per torture psicologiche e per metodi fisici che non lasciassero segni evidenti sul corpo degli accusati. Questo strumento mirava proprio a ottenere una confessione senza infliggere ferite: si trattava di una piattaforma metallica o di legno montata orizzontalmente su un palo; la vittima veniva fatta sdraiare su di essa e legata con delle catene, quindi il disco veniva fatto ruotare tramite una manovella. A causa della forza centrifuga, la persona soffriva di problemi di orientamento, disturbi circolatori e vomito.

Tratto di corda

Molto semplice da realizzare e altamente efficace per estorcere confessioni: si piegavano le braccia del malcapitato dietro la schiena, si legava una robusta corda ai polsi e si sollevava a una certa altezza grazie a una carrucola. La forza di gravità era sufficiente a causare atroci dolori alle braccia e alle spalle, ma era possibile aumentare la tortura allentando la corda e lasciando che la persona cadesse con uno strappo. Naturalmente, a seconda delle circostanze, si potevano provocare slogature della scapola e dell’omero; inoltre, se il prigioniero non confessava e rimaneva appeso per molto tempo, si potevano deformare sia il torace che la schiena, causando ulteriori dolori atroci.

Le Turcas

Inizialmente, questa pratica veniva presentata ai prigionieri come una minaccia più che una tortura, e soprattutto le donne cedevano e confessavano tutto prima ancora di provarla sulla propria pelle. Sebbene fosse più diffusa nel Medioevo, questa forma di tortura è stata applicata anche nel XX secolo sui prigionieri di guerra. Solitamente, con delle tenaglie venivano strappate le unghie delle mani e dei piedi dei prigionieri, e poi venivano infilate sotto la pelle fino alle estremità delle falangi. Il dolore, come si può immaginare, era estremamente atroce.

Punture con aghi

Un metodo molto efficace per torturare un prigioniero o un presunto spia consisteva nell’utilizzare spilloni, chiodi o aghi nelle parti più sensibili del corpo. Anche queste tecniche sono state utilizzate nelle recenti guerre, soprattutto in Oriente, e prevedevano di pungere o infilzare le punte nella schiena, sotto i piedi, nel petto o nel collo delle vittime. Il dolore era così intenso da far ottenere qualsiasi informazione desiderata; purtroppo, spesso gli aghi venivano spinti così in profondità che si spezzavano tra le ossa o era impossibile rimuoverli senza lacerare la carne.

Abbacinamento

Questa forma di tortura era riservata a signorotti, usurpatori e traditori che minavano il potere reale. Fu utilizzata durante l’Impero Bizantino e nei primi secoli dopo Cristo nell’Impero Romano. Si trattava di una tortura definitiva, che lasciava danni permanenti, e per questo motivo veniva applicata solo in casi eccezionali. La vittima veniva essenzialmente accecata, utilizzando spilloni roventi (noti come “bacini”) avvicinati agli occhi (quando si aveva fretta), oppure semplicemente strappando le palpebre e lasciando il prigioniero esposto al sole. Questo era uno di quei casi in cui la tortura non aveva lo scopo di ottenere una confessione, ma veniva semplicemente inflitta come una tremenda punizione.

Assordamento

Una forma di tortura più recente e studiata consiste nel sottoporre le vittime a suoni improvvisi, estremamente forti e insopportabili. Nel tempo, le vittime iniziano a manifestare squilibri mentali e problemi nella percezione della realtà, diventando estremamente collaborativi e manipolabili.

Waterboarding

Questo metodo sfrutta la paura di annegamento, non solo di coloro che hanno effettivamente paura dell’acqua profonda, ma di chiunque. È stato e viene ancora utilizzato nell’addestramento dei marines americani per testare la loro resistenza alla tortura psicologica. Consiste nel mettere il soggetto con la testa rivolta verso il basso, coprirgli la testa con un asciugamano e versare acqua fredda sulla testa. L’asciugamano agisce come un filtro, ma fa sì che il soggetto abbia la netta sensazione di affogare, spingendolo a parlare e rivelare qualsiasi segreto di cui sia a conoscenza.

Privazione del sonno

Un’altra forma di tortura poco invasiva ma estremamente efficace è la privazione del sonno. La persona viene legata con catene in posizioni scomode (spesso in posizione fetale) in modo che non riesca ad addormentarsi e spesso accusi crampi e difficoltà respiratorie. L’ansia, il dolore e i disturbi mentali si sviluppano rapidamente, costringendo il torturato a dichiararsi colpevole anche di crimini non commessi.

Isolamento

L’isolamento è una forma di tortura psicologica ancora utilizzata nelle carceri per i detenuti particolarmente problematici. Il prigioniero viene confinato in una piccola stanza con il minimo indispensabile, costretto a dormire per terra o su un giaciglio e spesso privato persino dei servizi igienici. Vivendo in uno spazio angusto, circondato da urina e feci, si cerca di piegarlo alla volontà del carceriere e di prevenire eventuali comportamenti inappropriati.

Tortura bianca

La tortura bianca è un metodo utilizzato nei confronti di avversari politici, sovversivi, rivoluzionari e perseguitati politici. Si è sviluppato nel secolo scorso ed implica l’isolamento di una persona in una stanza completamente bianca, dove tutto è bianco. Viene somministrato solo riso bianco come cibo, l’area è insonorizzata e la luce è diffusa in modo da eliminare le ombre. Questo metodo costituisce una lunga tortura psicologica che porta la vittima a perdere gradualmente la percezione della realtà, fino a sprofondare nella follia e diventare una cavia per l’impianto di certi pensieri o convinzioni.

Colpire alla cieca

Il colpire alla cieca è uno dei metodi che, sebbene sia originario del periodo medievale, è ancora praticato in alcuni paesi dell’Europa orientale. È un metodo molto semplice ma estremamente efficace, che provoca danni fisici e psicologici. Il prigioniero viene legato a una parete con corde o catene, bendato o con un cappuccio sulla testa, e poi viene picchiato a mani nude o con oggetti. La vittima, oltre a provare dolore fisico, rimane disorientata perché non può vedere quando e dove sarà colpita, perdendo il senso dello spazio e del tempo. A quanto pare, anche i servizi segreti italiani utilizzano questo metodo.

Ustione

L’ustione e la marchiatura a fuoco sono state torture utilizzate in diverse epoche, dal tempo degli egizi fino ai giorni odierni. Questo metodo consisteva nel causare dolore al prigioniero e spaventare coloro che assistevano, spesso praticato in pubblica piazza per suscitare timore e terrore nelle autorità e negli spettatori. Il prigioniero veniva ustionato con oggetti metallici surriscaldati, di solito sul viso o sulle piante dei piedi, parti molto sensibili del corpo. In alcuni casi, per infliggere il massimo danno possibile, si ungevano i piedi del prigioniero con lardo, che veniva poi acceso per farlo bruciare lentamente. Questo provocava danni alla carne del prigioniero per diversi minuti. Durante la persecuzione degli eretici, venivano posizionate uova sode sotto le ascelle o tra le cosce degli accusati, ma successivamente si adottò una tecnica ancora più dolorosa: far gocciolare piccole quantità di olio bollente sulla pelle del prigioniero fino a ottenere una confessione.

Pera

La Pera era uno degli strumenti di tortura più atroci del Medioevo ed era spesso usata come metodo di esecuzione. Le vittime, principalmente donne, subivano danni irreversibili e sanguinamenti incontrollabili. La Pera era uno strumento metallico simile per forma a un frutto e veniva inserito principalmente in bocca, ma veniva anche utilizzato nell’ano e nella vagina delle presunte streghe. Una volta inserito, veniva stretto con una vite all’interno della cavità, causando atroci mutilazioni della carne a causa dei bordi affilati. La Pera orale veniva spesso inflitta ai predicatori eretici, mentre quella vaginale era riservata alle donne sospettate di avere rapporti con il diavolo. La Pera rettale veniva utilizzata per gli omosessuali passivi.

Mordacchia

La mordacchia o bavaglio di ferro assomigliava al morso di un cavallo, ma era realizzato in ferro e aveva un uncino che si conficcava nella lingua della vittima. Durante il periodo delle persecuzioni alle streghe, veniva spesso utilizzato in Germania e in Scozia e successivamente venne portato come strumento di tortura nel Nuovo Mondo per costringere le tribù native ad abbracciare il cristianesimo. Una volta applicato il bavaglio alla vittima e dopo aver perforato la lingua con l’uncino, veniva chiuso con un lucchetto e la vittima era costretta ad ingoiare il proprio sangue. Bastavano pochi minuti per costringere la vittima a collaborare completamente.

Maschera di Ferro

Questo strumento divenne famoso grazie al misterioso personaggio imprigionato nella Bastiglia alla fine del 1600. Era utilizzato per nascondere l’identità di una persona. Veniva applicata a prigionieri di alto rango, nemici illustri e persino sosia di re o regine. Le poche maschere ritrovate presentavano una chiusura metallica con un lucchetto, spesso coperta da velluto nero di buona qualità. I prigionieri erano costretti a indossarle per tutta la vita, aggiungendo un ulteriore peso alla loro già pesante condizione di prigionia in totale isolamento.

Maschera dell’Infamia

Questa era una punizione sia fisica che psicologica e veniva utilizzata anche prima della nota caccia alle streghe, su donne considerate disobbedienti o che non rispettavano le rigide convenzioni sociali. Era una maschera metallica spesso con fattezze ridicole o umilianti, che veniva stretta intorno alla testa delle donne e fissata con viti. Indossarla era sia doloroso che umiliante, poiché le donne erano costrette a sostenere la vita quotidiana senza poterla mai togliere. Era usata anche contro gli anticonformisti e i ribelli di poco conto, come i contadini che si rifiutavano di pagare le tasse o i servi considerati troppo libertini. Tuttavia, era principalmente il clero ad utilizzarla, giustificando l’uso su donne con la frase “mulier taceat in ecclesia” (la donna taccia in chiesa), affermando così l’inferiorità delle donne rispetto agli uomini, anche nelle piccole discussioni quotidiane.

Spacca-Ginocchia

Questo fu uno dei primi metodi utilizzati dall’Inquisizione spagnola e consisteva in una morsa dotata di punte metalliche o di legno che veniva applicata al ginocchio della vittima e stretta con una vite. Solitamente, la confessione veniva ottenuta prima che il ginocchio si rompesse sotto la pressione, ma talvolta accadeva anche il contrario.

Schiacciadita

Lo schiacciadita era uno strumento di tortura semplice, costituito da una morsa dotata di aculei o borchie sulle superfici interne. Le dita dei piccoli criminali venivano inserite nella morsa e i pollici erano i primi a essere lentamente schiacciati, spesso fino a essere completamente frantumati. Questo strumento era principalmente utilizzato come punizione, piuttosto che per ottenere una confessione.

Straziaseno

Lo straziaseno era una pinza dotata di quattro punte o uncini, utilizzata per torturare le donne accusate di eresia, bestemmia, adulterio e aborto autoprocurato. Questo strumento veniva utilizzato in gran parte dell’Europa fino all’inizio del 1800.

Schiaccia-seno

Lo schiaccia-seno, come suggerisce il nome, era solitamente una pressa di legno utilizzata per schiacciare i seni delle donne accusate di adulterio. Attraverso l’uso di una vite, veniva applicata una pressione sempre maggiore, causando spesso la rottura dei tessuti e abbondante sanguinamento. In alternativa, venivano utilizzate tenaglie di grandi dimensioni, spesso riscaldate, per ottenere lo stesso effetto.

Piramide e cavallo spagnolo

La piramide e il cavallo spagnolo erano due strumenti di tortura estremamente dolorosi utilizzati per estorcere confessioni da eretici e streghe. La piramide era un blocco di legno a forma di piramide, mentre il cavallo spagnolo aveva l’aspetto di un cavalletto con una superficie tagliente. In entrambi i casi, l’accusato veniva costretto a sedersi o a strisciare sullo strumento fino a far penetrare la punta o il bordo nel retto o nella vagina, causando danni spesso permanenti. Spesso venivano aggiunti pesi alle caviglie e bracieri erano posti sotto i piedi per aumentare la sofferenza.

Forcella dell’eretico

Un dispositivo usato nel Medioevo per infliggere dolore alle persone accusate di eresia. Consisteva in due forche, una posizionata sul torace e l’altra sotto il mento del prigioniero. Il collo del condannato veniva circondato da un collare e le mani venivano legate dietro la schiena. In questa posizione estremamente scomoda, l’imputato poteva fare solo piccoli movimenti, ognuno dei quali era doloroso e poteva danneggiare organi vitali. L’accusato era costretto a rimanere vigile e per impedirgli di addormentarsi, veniva spesso immerso in acqua fredda. Questo metodo di tortura era progettato per non lasciare evidenti segni sul corpo delle persone accusate dalla Chiesa e per evitare prove tangibili degli eccessi subiti nel tentativo di ottenere una confessione.

Scarpe del servo

Erano stivali molto scomodi utilizzati per punire i servi indisciplinati. I lati degli stivali erano dotati di viti o borchie che venivano strette gradualmente. C’era anche un campanello sul retro degli stivali e i servi dovevano camminare senza farlo suonare. Se il campanello suonava, il padrone li puniva stringendo ancora di più le viti.

Lo stivale

Un dispositivo di tortura utilizzato durante le persecuzioni delle streghe. Veniva fatto indossare all’accusato di eresia uno stivale di ferro. All’interno dello stivale venivano inseriti chiodi appuntiti attraverso dei fori, causando intense sofferenze e spingendo l’accusato a confessare. Purtroppo, anche dopo essere stato dichiarato innocente, la vittima rimaneva mutilata per il resto della vita a causa dei danni causati da questo strumento.

Guanti di ferro

Questo metodo di punizione era riservato agli operai che commettevano errori nel loro lavoro o ai borseggiatori colti sul fatto. I condannati venivano costretti a indossare guanti di ferro molto stretti, lunghi fino a metà del polso, e poi venivano appesi a un soffitto tramite funi o catene. Successivamente, i condannati venivano fatti salire su un ceppo di legno che veniva improvvisamente rimosso, facendoli cadere e causando uno strappo violento che spesso portava alla rottura delle ossa del polso. Ma la punizione non finiva qui: i condannati venivano lasciati penzolare per ore, talvolta giorni, fino a quando i guanti non laceravano la carne o il gonfiore non rendeva le loro mani inutilizzabili.

Violone delle comari

Questo strumento era utilizzato fino alla metà del 1800 per punire pubblicamente le donne considerate troppo ribelli o litigiose. Somigliava molto a uno strumento musicale e aveva tre fori in cui venivano inseriti il collo e i polsi della donna. Lo strumento veniva poi serrato e le donne venivano esposte al pubblico in piazza, dove dovevano sopportare non solo il dolore, ma anche lo scherno della folla. Questa pena era considerata relativamente lieve e serviva principalmente a screditare le donne considerate troppo attive. Tuttavia, i bordi dei fori erano talvolta affilati e potevano causare tagli che portavano a infezioni e persino alla morte.

Gogna

Sebbene possa sembrare un metodo di punizione leggero nei film, la gogna fu utilizzata per oltre 1500 anni per una ragione. Il prigioniero, solitamente colpevole di reati non capitali, veniva bloccato nelle fessure della gogna per molti giorni, esposto alle intemperie e indifeso contro i passanti. Il destino del condannato dipendeva dalla sua reputazione accumulata nella vita: se era rispettato, gli venivano lanciati ortaggi o uova; se era disprezzato, veniva colpito con sassi, escrementi, pezzi di legno e poteva persino essere attaccato da cani scatenati. Spesso il condannato riportava ferite gravi, ossa rotte e talvolta invalidità permanenti.

Candela della strega

Un metodo di punizione utilizzato per le streghe che confessavano i loro presunti crimini consisteva nel posizionarle su una superficie piana, immobilizzarle con catene o corde e inserire una candela accesa nella loro bocca. Man mano che la candela si consumava, la cera cadeva sul volto della donna causandole ustioni dolorose. Se venivano utilizzate candele di sego anziché quelle di cera, la temperatura era ancora più elevata, causando ferite ancora più gravi. Queste ustioni lasciavano la donna sfigurata per il resto della sua vita.

Cintura di castità

Originariamente concepita come un mezzo per assicurarsi che le mogli non commettessero adulterio, nel corso del tempo divenne uno strumento di tortura sia per le donne che per gli uomini. Le cinture più sadiche erano dotate di punte interne sia nel foro vaginale che in quello rettale e venivano indossate dalle donne accusate di adulterio (spesso basandosi solo su sospetti). Inoltre, anche i presunti amanti venivano puniti, obbligati ad avere rapporti sessuali con le donne infedeli in pubblica piazza. Questo strumento lacerava entrambi gli amanti, causando ferite interne alle donne e spesso la castrazione degli uomini.

Cintura spinata

Era una cintura o un collare con aculei interni utilizzato come punizione per coloro che violavano le regole ecclesiastiche o tradivano la famiglia. Le prostitute erano spesso condannate a questo supplizio. Le norme per il suo utilizzo erano stabilite dalla Chiesa, che imponeva una punizione della durata massima di 6 settimane, durante le quali il condannato era costretto a mostrare la cintura in pubblico e a portare un cartello con il suo reato scritto sopra. Per i monaci e i preti la punizione era ancora più severa, con l’obbligo di silenzio, digiuno e isolamento. Le ferite causate dalla cintura spinata spesso provocavano infezioni e cancrena.

Cicogna

Era un metodo di tortura in cui la vittima veniva legata con catene in una posizione fetale, con collo, mani e caviglie immobilizzati. Questo supplizio era riservato principalmente alle donne accusate di adulterio e comportava terribili crampi. Le vittime venivano spesso esposte in pubblico, lasciate a mercé di aguzzini che potevano picchiarle, schernirle e anche violentarle.

Tortura del Palo

Era un metodo di tortura che utilizzava il fuoco per infliggere dolore e instillare paura nei sospettati di stregoneria, soprattutto uomini. La vittima veniva appesa per le braccia a un palo e tormentata con tizzoni ardenti. In passato, si utilizzava anche la variante dello “spiedo”, in cui il prigioniero veniva legato mani e piedi a un palo orizzontale montato su una carrucola e fatto girare lentamente sopra un fuoco di carboni ardenti. In entrambi i casi, la confessione dell’accusato veniva ottenuta molto rapidamente.

Battitura dei piedi

Era una forma di punizione meno invasiva rispetto ad altre. Veniva praticata in Europa durante il Medioevo e il Rinascimento su coloro colpevoli di piccoli reati e spesso avveniva in pubblica piazza. Si utilizzavano bastoni o fruste per colpire la pianta dei piedi fino a provocare ferite evidenti. Di solito, dopo alcuni giorni, il condannato tornava a camminare normalmente.

Tortura della goccia

Questo metodo di tortura, principalmente utilizzato in Cina nel passato, consiste nel far cadere regolarmente gocce d’acqua sulla fronte della vittima, che viene immobilizzata in posizione seduta o sdraiata. Nel corso del tempo, oltre ai crampi dovuti alla posizione, questa tortura può causare disagi psicologici e, secondo leggende, persino la perforazione del cranio.

Digiuno

L’idea di morire di fame non induce un innocente a fare una falsa confessione, ma col passare dei giorni questa tortura, che può sembrare lieve all’inizio, diventa un vero inferno. Quando la fame inizia a diventare insopportabile, le capacità psicologiche si indeboliscono e, alla fine, chiunque, pur di non morire, può accettare qualsiasi compromesso. In passato, in tutta Europa, veniva utilizzata anche la tortura della sete, che era ancora più rapida poiché le vittime resistevano solo pochi giorni senza acqua prima di confessare qualsiasi colpa.

Torture elettriche

Le torture elettriche sono tra le forme di tortura più recenti, utilizzate ampiamente durante la Seconda Guerra Mondiale e nella guerra del Vietnam. Queste metodologie prevedevano l’utilizzo di elettrodi o dispositivi per applicare scosse elettriche alla vittima, con lo scopo di costringerla a rivelare tattiche nemiche. Spesso, queste torture erano anche metodi di esecuzione, poiché le spie e i prigionieri di guerra venivano eliminati anche in caso di sconfitta. Esistono molte varianti di queste torture, ma una delle più atroci è l’elettroshock, utilizzato in passato anche in ambito medico per la “cura” di pazienti affetti da disturbi mentali o comportamenti violenti.

Mutilazione

In passato, per ottenere confessioni o punire individui senza ucciderli, si ricorreva a metodi come la mutilazione. Questo tipo di tortura coinvolgeva l’amputazione di parti secondarie del corpo, come dita, orecchie, occhi o lingua. Altre pratiche incluse il taglio sul corpo, l’asportazione di denti o unghie e l’evirazione, causando gravi sofferenze e danni permanenti.

Stupro

Nel Medioevo, gli inquisitori e carnefici utilizzavano anche lo stupro come metodo di tortura. Sia uomini che donne perpetravano questo atroce atto su vittime spesso indifese, come presunte streghe, anche bambine. Le donne stesse potevano infliggere stupri ad altre donne, specialmente nei monasteri per imporre una rigida disciplina. Gli stupri potevano avvenire di massa, e l’uso di oggetti con spuntoni o parti rugose rendeva gli atti ancora più devastanti e talvolta mortali, causando emorragie inarrestabili.

Solletico

Il solletico, che potrebbe sembrare meno crudele, veniva usato su prigionieri di un certo rango per ottenere confessioni. Colpendo punti sensibili del corpo, si obbligava l’accusato a confessare le colpe richieste senza lasciare segni fisici evidenti. Questo metodo di tortura era pensato per dare l’illusione che la confessione fosse stata ottenuta senza causare danni visibili, anche se causava comunque grande disagio psicologico e fisico.

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FonteUfficiale.com