L’uso del preservativo vanta secoli di storia e di tecniche di fabbricazione che vanno dagli intestini di animali fino all’odierno lattice
Il preservativo era diffuso già ai tempi degli antichi egizi. Essi erano soliti indossare budella di animali pretrattate che li proteggesse dalle punture di insetto più che da un’eventuale nascita. In Oriente, invece, aveva il preciso scopo di evitare gravidanze tanto che i cinesi coprivano la testa del pene con carta oleata tenuta ferma con nastrini di seta posti ai lati dell’imboccatura. I Giapponesi, al contrario, preferivano il cuoio o i gusci di tartaruga ammorbiditi con soluzioni alcaline. I romani, soprattutto i soldati, utilizzavano gli intestini essiccati di pecora che potevano essere lavati e riutilizzati. Noto era anche l’uso del c.d. “preservativo della vittoria” fatto con la pelle o i muscoli dei nemici uccisi in battaglia.
Dopo essere caduto in disuso nel Medioevo, ritorna in auge nel Rinascimento in seguito alla diffusione della sifilide. È proprio la propagazione di questa malattia che indusse il medico Gabriele Falloppio a suggerire l’utilizzo di panni di lino imbevuti di una soluzione disinfettante così da evitare o comunque limitare il contagio. Ben presto questo metodo non fu più appannaggio delle sole classi abbienti. Ma l’uso di massa si ebbe solo nella seconda metà del XVII sec. con la diffusione della gomma che li rendeva più resistenti e riutilizzabili fino alla sostituzione, nel 1930, con il lattice.
La storia del preservativo
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