Devil lips, la moda delle labbra del diavolo

Devil lips, la moda delle labbra del diavolo viene dalla Russia e su Instagram ha preso piede sotto forma di hashtag

Devil lips
Le Devil Lips (o labbra del diavolo), sono la nuova (stupida) moda della chirurgia estetica. La moda viene dalla Russia e su Instagram ha preso piede sotto forma di hashtag, tra l’apprezzamento di alcuni e lo sconcerto di altri. Su Instagram sono iniziate a girare le prime foto che mostrano questa nuova tendenza nel campo della chirurgia estetica.

Questo tipo di “filler labbra” consente di sollevare due angoli della bocca per farla assomigliare a quella dei cattivi dei cartoni animati. E’ possibile sollevare verso l’alto due o più angoli del labbro superiore e abbassare due o più angoli del labbro inferiore, ottenendo, così, una particolare forma della bocca. Forma simile a quella dei cattivi di alcuni personaggi dei cartoni animati. Ci si può, poi, divertire con rossetti e lucidalabbra di tutti i colori.

Cristina Varesi, medico estetico a Milano, ha spiegato che “la tecnica delle Devil lips non ha un riscontro scientifico ufficiale. Non esiste un tipo specifico di filler da impiegare e, sebbene i lividi che possono comparire dopo il trattamento siano da considerarsi esiti transitori legati a qualsiasi tipo di iniezione, non mi sento di definire questa procedura un atto medico“.

Ha poi aggiunto che bisogna “porre al centro la salute e il benessere secondo valori etici e deontologici di settore. “Le Devil lips si possono, quindi, considerare una deviazione malata di quella parte di medicina che mira solo a stupire. Questo credo sia il riflesso della nostra società, dove è forte il bisogno di essere diverso, di farsi notare e dove i canoni estetici di bellezza vengono stravolti perché, in fondo, manca equilibrio dentro di sé. Il caos del mondo esterno è anche e soprattutto la disarmonia individuale». Una disarmonia che i social network hanno finito per accentuare. I like, oggi, sono un mezzo di espressione incosciente, che non comporta alcuna riflessione sul giudizio espresso, ma una necessità inconscia di appartenere ad un gruppo“.

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