A che cosa serve la paura e perché ricerchiamo le esperienze che la inducono, se poi ci spaventiamo?
Perché ci piace avere paura? Come raccontato sul Guardian, una prima spiegazione potrebbe trovarsi nella risposta biologica alle situazioni percepite come pericolose.
La reazione a questi stimoli è governata dall’amigdala (è un complesso di neuroni a forma di mandorla che si trova nella parte più interna di entrambi i lobi temporali del cervello). Se l’amigdala percepisce una minaccia, invia un messaggio all’ipotalamo (è una piccola struttura cerebrale che a sua volta sollecita il rilascio di potenti ormoni dello stress).
Si scatena, così, la cosiddetta “reazione di attacco o fuga“: l’adrenalina mantiene il corpo in una situazione di allerta, accelera il battito cardiaco e fa in modo che arrivi più sangue ai muscoli, così che siamo pronti a scattare.
L’ormone cortisolo fa aumentare la pressione sanguigna: i vasi attorno agli organi si dilatano irrorandoli di ossigeno e nutrienti. Il respiro si fa più veloce e al cervello arriva più ossigeno. I livelli di glucosio nel sangue aumentano e il corpo è pervaso da una speciale energia.
Questa reazione è immediata: l’amigdala “decide” che uno stimolo fa paura ancora prima che ne siamo consapevoli.
Solo in un secondo tempo l’informazione viene mandata alla “corteccia” (è lo strato più esterno e meno antico del cervello associato a ragionamento, memoria e coscienza).
Quando finalmente decidiamo che il pericolo è scampato e che la paura era esagerata, segue il rilascio di “endorfine” e “dopamina” (sono gli ormoni del benessere che ci ricompensano con sensazioni di euforia).
Aspetto istruttivo e sociale
Le situazioni che ricreano la paura in condizioni di sicurezza (come i film, i libri e le serie dell’orrore) sono un modo per allenare la nostra capacità di reagire all’incertezza (come un manuale di istruzioni per future situazioni critiche).
Spiega Marc Malmdorf-Andersen, psicologo e ricercatore della Aarhus University (Danimarca): “È possibile che le forme ricreative della paura aiutino a migliorare la regolazione emotiva e le strategie per farvi fronte. Il godimento dello stimolo pauroso sembra essere legato al controllo delle situazioni imprevedibili; così come il gioco dei bambini prevede di ricercare apposta moderati livelli di incertezza e sorpresa, nel tentativo di dare loro un senso“.
Lo studio
Esiste una soglia in cui la paura evocata è troppa? Malmdorf-Andersen ha cercato di rispondere alla domanda studiando un gruppo di volontari spediti in un’attrazione dell’orrore (una casa infestata di zombie, fantasmi e serial killer).
I volontari sono stati sottoposti a ogni sfumatura dell’esperienza paurosa (dal disgusto allo spavento, dal disagio alla solitudine, dal buio alla claustrofobia), e hanno dovuto raccontare come si erano sentiti durante l’intera esperienza.
Dalle testimonianze e dall’analisi del battito cardiaco è emerso che sì, la paura ci piace, ma solo se non si allontana troppo dalla nostra zona di comfort. Se non altera troppo il nostro stato fisiologico.