Seppuku, il suicidio rituale

Seppuku, noto anche come “harakiri”, è un antico rituale giapponese per il suicidio obbligatorio o volontario, riservato alla casta dei samurai

Seppuku, il suicidio rituale

Seppuku, noto anche come “harakiri“, è un antico rituale giapponese per il suicidio obbligatorio o volontario, riservato alla casta dei samurai. Era utilizzato come mezzo per evitare la pena capitale, esprimere il cordoglio per la morte del proprio signore o protestare contro un’ingiustizia subita.

Il termine “seppuku” significa “taglia ventre“, mentre “harakiri” significa “ventre taglio“. La differenza nella scrittura dei due termini è dovuta alla lettura kun’yomi (parlata) e on’yomi (scritta) dei kanji giapponesi. “Seppuku” è comunemente utilizzato nella lingua scritta, mentre “harakiri” è usato nella lingua parlata.

La pratica del seppuku era eseguita seguendo un rigido rituale, come forma di espiazione di colpe commesse o come modo per evitare una morte disonorevole per mano dei nemici. Si credeva che il ventre fosse il luogo dell’anima, quindi il rituale simboleggiava la presentazione della propria essenza senza colpe e nella sua purezza agli astanti. Il primo caso documentato di seppuku risale al 1180, quando Minamoto no Yorimasa lo eseguì durante la battaglia di Uji.

Durante il periodo Edo (1603-1867), il seppuku divenne una condanna a morte per i samurai che non comportava disonore. I condannati venivano invitati o costretti a togliersi la vita praticando una ferita profonda all’addome con un pugnale chiamato tantō. La morte doveva essere causata da questa ferita grave.

Durante il rituale, il samurai si posizionava in ginocchio con le punte dei piedi rivolte all’indietro nella posizione chiamata seiza. Il taglio veniva eseguito da sinistra verso destra e verso l’alto. Un compagno di fiducia, chiamato kaishakunin, aveva il compito di decapitare immediatamente il samurai dopo che questi si era inflitto la ferita, in modo da evitare che il dolore sfigurasse il suo volto. La decapitazione richiedeva abilità eccezionali, poiché il colpo doveva recidere solo la parte posteriore del collo, mantenendo la parte anteriore intatta.

Il seppuku collettivo è diventato noto grazie al caso dei 47 ronin, celebrato anche nel dramma Chūshingura. Uno dei casi più recenti di seppuku è stato quello dello scrittore Yukio Mishima nel 1970, durante il quale il kaishakunin sbagliò il colpo di grazia e dovette essere sostituito da un altro compagno.

Il seppuku, un antico rituale giapponese di suicidio, è stato abolito come forma di punizione nel 1889 con l’adozione della costituzione Meiji. Tuttavia, alla fine della seconda guerra mondiale, alcuni ufficiali giapponesi, molti dei quali provenienti dalla casta dei samurai, hanno scelto di praticare il seppuku per rifiutare di accettare la resa del Giappone.

Durante gli ultimi giorni della guerra, quando divenne evidente che la sconfitta era imminente, alcuni alti ufficiali militari, che avevano un forte senso dell’onore e della lealtà, si rifiutarono di accettare la resa e preferirono la morte onorevole attraverso il seppuku. Questi ufficiali credevano fermamente nei principi del bushido, il codice d’onore dei samurai, che sottolineava l’importanza di morire con onore piuttosto che vivere con la vergogna della sconfitta.

Questa decisione di praticare il seppuku da parte degli ufficiali militari era un atto di protesta contro la resa e un tentativo di preservare il loro onore personale e quello dell’Imperatore. Vedevano la resa come una sconfitta umiliante e preferivano morire per mantenere l’ideale del servizio al paese e all’Imperatore fino alla fine.

Tuttavia, è importante sottolineare che questa pratica non era generalizzata e coinvolgeva solo una piccola parte degli ufficiali militari giapponesi. Molti altri accettarono la resa e cercarono di contribuire alla ricostruzione del Giappone dopo la guerra.

Il seppuku è un aspetto significativo della storia giapponese e testimonia l’importanza dell’onore, del dovere e dei valori tradizionali nella cultura samurai. Anche se è stato abolito come forma di punizione legale, rimane una parte importante della storia e della tradizione giapponese.

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FonteUfficiale.com