Javed Iqbal, il mostro pakistano serial killer di bambini

Javed Iqbal, il serial killer dei bambini, fu condannato ad essere tagliato in 100 parti e poi messo nell’acido

Javed Iqbal, il mostro pakistano serial killer di bambini
Javed Iqbal, il mostro pakistano serial killer di bambini, fu condannato ad essere tagliato in 100 parti e poi sciolto nell’acido, come lui stesso fece con molti bambini. Le atrocità commesse da quest uomo lo hanno reso uno dei peggiori esseri umani al mondo.

Storia

Javed Iqbal nacque a Lahore, in Pakistan, nel 1956. Sesto figlio di un commerciante si diede da fare fin da piccolo per aiutare economicamente la famiglia. Nel 1978 si trasferì a Shadbagh, perché il padre gli comprò due case. Il suo sogno era quello di avere una propria impresa di rifusione dell’acciaio.
Visse per molti anni con degli adolescenti che lo aiutavano nel recupero dei materiali per il suo lavoro, ma nel 1995 alcuni di questi ragazzi lo denunciarono per violenza sessuale. Il caso fu archiviato. Nel 1998 arrivò la seconda denuncia, quella per sodomia verso minorenni, ma fu rilasciato sotto cauzione.

Non si sa esattamente quando iniziarono le uccisioni perché si fa riferimento ad un diario in cui annotava gli omicidi: il diario riguardava solo il 1999. Iqbal scattava foto alle vittime, riportando nomi, età e data della morte. Nel diario annotò 74 nomi di bambini e adolescenti tra i 6 e i 16 anni scomparsi e mai più ritrovati. Ma si ipotizza che ne abbia uccisi più di 130.

Il mostro sceglieva le vittime tra gli orfani e i ragazzi di strada, promettendo loro cibo e lavoro. Poi, una volta conquistata la loro fiducia, li drogava, torturava, stuprava, strangolava e infine li smembrava per poi scioglierli nell’acido. Poi, si liberava dei resti scaricandoli nelle fognature.

Quando le sparizioni divennero a decine, iniziò la caccia all’uomo e intervenne anche l’esercito. Sentendosi braccato, Iqbal inviò una lettera alla polizia e al Daily Jang (il giornale locale), confessando l’omicidio di 100 ragazzi. La lettera fu mostrata ai genitori delle vittime e questo scatenò ira e proteste. Poi, il 30 dicembre di quell’anno, si presentò alla sede del giornale, affermando di non essere l’assassino, ma solo un testimone. Arrivarono un centinaio di soldati ad arrestarlo. Provò a ritrattare, ma la polizia aveva tutte le prove: i resti di due corpi, il diario e le foto.

Dichiarò le motivazione che lo spinserò a commettere gli omicidi:
  • vendicarsi della polizia;
  • un atto di carità per quelle vite destinate alla vita da mendicante;
  • mandare un messaggio ai genitori responsabili di negligenza;
  • costituendosi voleva dare una speranza agli altri bambini mendicanti, perché avrebbe potuto ucciderne 500 ma si è rifiutato di superare i 100.

Il 16 marzo del 2000 la corte pakistana condannò a morte Javed Iqbal, ma si andò oltre. Il giudice Allah Baksh Ranja aggiunse di sezionare il corpo in 100 parti e scioglierlo nell’acido, come lui stesso fece con le vittime. Il Gran Consiglio dell’Ideologia Islamica dichiarò che lo smembramento e la dissoluzione del corpo nell’acido andavano contro l’insegnamento islamico del rispetto per un corpo defunto, così venne annullata quella parte della sentenza.

Fu, quindi, condannato all’impiccagione insieme al complice Sajid Ahmad. Muhammad Sabir, un ragazzo appena 13enne, fu condannato a 42 anni di carcere. Nadeem Mohammad, 15 anni, fu dichiarato colpevole di 13 omicidi e condannato a 182 anni di carcere.

Iqbal provo a suicidarsi, ma venne salvato. Il 25 ottobre del 2001 lui e il complice Sabir furono trovati impiccati con delle lenzuola. I presunti suicidi avvennero 4 giorni dopo la richiesta di appello contro la condanna a morte.

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FonteUfficiale.com