Il Minotauro è una figura della mitologia greca, noto per avere il corpo di un uomo e la testa di un toro
Il Minotauro è una figura della mitologia greca, noto per essere il figlio del Toro di Creta e di Pasifae, la regina di Creta. Questo essere mostruoso e feroce aveva il corpo di un uomo e la testa di un toro, ed è stato concepito per volontà di Poseidone, il dio del mare. La sua creazione era parte di una punizione inflitta al re di Creta, Minosse.
La leggenda narra che Atene, dopo essere stata sconfitta da Minosse, fu costretta a pagare un tributo orribile ogni anno. Questo tributo consisteva nell’offrire 7 giovani ragazzi e 7 giovani ragazze al Minotauro, che era rinchiuso nel labirinto di Cnosso. Questa terribile tradizione era un modo per placare la furia del Minotauro e sottostare alle richieste del re Minosse.
Mito greco: l’impresa di Teseo contro il Minotauro
Il mito greco dell’impresa di Teseo contro il Minotauro è una storia ricca di intrighi e avventure ambientata nell’antica Creta. La vicenda ha inizio con Minosse, il re di Creta, il cui regno era segnato da un oscuro segreto: il suo vero padre non era il re precedente, Asterio, ma il potente dio Zeus. Questa circostanza aveva reso Minosse un sovrano impopolare tra i suoi sudditi.
Desiderando dimostrare la sua legittimità come re, Minosse pregò il dio Poseidone di inviargli un magnifico toro come simbolo della sua divina approvazione. Poseidone acconsentì alla richiesta e donò a Minosse un bellissimo toro bianco di grande valore. Tuttavia, Minosse rimase affascinato dalla bellezza dell’animale e decise di tenerlo tra le sue mandrie invece di sacrificare il toro in onore di Poseidone come promesso. Questa scelta lo condusse a gravi conseguenze.
In risposta al suo atto di disobbedienza, Poseidone fece innamorare Pasifae, la moglie di Minosse, proprio di quel toro divino. Pasifae, nonostante la sua follia d’amore, riuscì a soddisfare il suo desiderio carnale nascondendosi all’interno di una giovenca di legno costruita per lei dall’abile artista di corte Dedalo. Da questa strana unione nacque il Minotauro, una creatura mostruosa che combinava la forma umanoide con la testa e il corpo di un toro. Il suo comportamento era selvaggio e feroce a causa della predominanza dell’istinto animale nella sua mente. Questo ibrido innaturale si nutriva di carne umana, diventando una minaccia per la popolazione.
Minosse decise di imprigionare il Minotauro all’interno di un intricato labirinto costruito da Dedalo. Inoltre, come atto di vendetta contro Atene, la città che aveva ucciso suo figlio Androgeo, Minosse impose che Atene dovesse inviare ogni anno sette giovani e sette fanciulle in sacrificio al Minotauro.
Qui entra in scena Teseo, l’eroe figlio del re ateniese Egeo. Teseo si offrì volontario per essere uno dei giovani inviati in sacrificio e sfidò il terribile Minotauro. Arianna, figlia di Minosse e Pasifae, si innamorò di Teseo e gli fornì un filo per aiutarlo a non perdersi nel labirinto, insieme a una spada per affrontare la creatura.
Quando Teseo raggiunse il Minotauro, combatté coraggiosamente e riuscì a ucciderlo. Dopo aver affrontato questa terribile sfida, Teseo e Arianna fuggirono insieme su una nave con vele bianche in segno di vittoria. Tuttavia, la loro storia d’amore ebbe una svolta tragica quando Teseo abbandonò Arianna sull’isola di Nasso, generando una serie di eventi sfortunati.
Il ritorno di Teseo ad Atene portò alla tragedia di suo padre Egeo, che credendo erroneamente che Teseo fosse morto, si gettò in mare. Questo gesto disperato diede nome al Mar Egeo.
Significati
Il mito del Minotauro e di Teseo nasconde significati profondi che i Greci attribuivano agli elementi della storia. Ad esempio, il termine “Minosse“, associato al re di Creta, potrebbe non riferirsi solo al re di Cnosso, ma essere stato utilizzato in modo generico per indicare “i sovrani” in tutta l’isola di Creta. Dietro al personaggio del Minotauro, si pensa che ci sia la divinizzazione del toro da parte dei Greci, mentre il complesso labirinto di Cnosso simboleggia l’ammirazione dei Greci per le imponenti costruzioni cretesi.
La vittoria di Teseo, d’altro canto, è vista come l’inizio del dominio dei Greci nel mar Egeo e come il trionfo della ragione umana, personificata da Teseo, sull’istinto animale, rappresentato dal Minotauro. Questo mito rappresenta quindi la lotta tra la civiltà greca emergente e le forze primitive e oscure che cercano di ostacolarla, simboleggiate dal terribile mostro. La vittoria di Teseo rappresenta la vittoria della cultura, della razionalità e dell’eroismo sull’oscurità e sulla brutalità.
Il Minotauro nella Divina Commedia
«e ‘n su la punta de la rotta lacca
l’infamïa di Creti era distesa
che fu concetta ne la falsa vacca»
(Dante Alighieri, Inferno, Canto XII, vv. 11-13)
Nella Divina Commedia di Dante Alighieri, il Minotauro appare nel dodicesimo canto dell’Inferno e svolge il ruolo di guardiano del Cerchio dei violenti. Quando Dante e Virgilio lo incontrano, il Minotauro cerca inizialmente di bloccarli, ma grazie all’intervento di Virgilio, viene allontanato. Successivamente, il Minotauro inizia a dimenarsi freneticamente come un toro furioso.
Dal punto di vista allegorico, il Minotauro assume questo ruolo perché nel mito greco rappresenta la parte istintiva e bestiale della mente umana, quella che ci lega agli animali (la “matta bestialità”) e ci priva della ragione. I violenti, nel contesto della Divina Commedia, sono quei peccatori che hanno agito seguendo i loro istinti animali, senza il controllo della ragione. Questo è considerato un grave peccato nella teologia cristiana, poiché gli animali agiscono per istinto di sopravvivenza, mentre gli esseri umani dovrebbero usare la ragione per evitare atti di pura crudeltà. La scena in cui Virgilio riesce a vincere il Minotauro simboleggia l’allegorico trionfo della ragione sull’istinto.
Nella Divina Commedia, vi è anche un accenno a Pasifae, madre del Minotauro, nel ventiseiesimo canto del Purgatorio, dedicato al peccato della lussuria. Qui, Pasifae è citata come simbolo dell’aspetto animalesco del peccato di lussuria, con Dante che la descrive come colei che si è abbandonata agli istinti animali