Il complotto sulla morte della cantante circola da molti anni. Avril Lavigne ha sempre smentito in prima persona la bufala
Il complotto sulla morte della cantante canadese Avril Lavigne circola dal 2004, quando un cambio look che la rese più bionda e con un trucco meno punk, lasciò molti fan stupiti, tanto da far pensare a una sosia. Avril Lavigne ha sempre smentito in prima persona la bufala, ma a distanza di tanti anni i fan non riescono ancora a credere ai propri occhi perché sembra identica a 20 anni fa.
Un video su TikTok pubblicato nel 2020 ha lasciato esterrefatto il pubblico. Il filmato è stato visto quasi 28 milioni di volte e subito dopo è tornata a serpeggiare una vecchia leggenda metropolitana supportata da vari siti con foto e presunte analisi del sangue: “Avril Lavigne è morta nel 2003 ed è stata sostituita da una sosia di nome Melissa“. Si tratterebbe dell’attrice Melissa Vandella.
La teoria
Secondo questa teoria, la cantante canadese sarebbe morta suicida. Nel 2003, quando “Complicated” la portò al successo, la pressione la schiacciò costringendola a compiere il fatale gesto. Nello specifico, si sarebbe suicidata dopo la morte del nonno.
La casa discografica e la famiglia avrebbero, però, deciso di rimpiazzarla con una sosia. Melissa Vandella, la doppelgänger che teoricamente posava al posto di Avril per i paparazzi, sarebbe stata assunta per sostituire la cantante nel corso di alcuni appuntamenti ufficiali, per poi prendere completamente il suo il posto, imparando a cantare, sorridere e muoversi come Avril. Vandella, poi, avrebbe inciso “Under My Skin” (“Da qui in poi non si parla più della vera Avril, ma di Avril Lavigne con la faccia di un’altra cantante”).
La teoria complottistica si trova in questo blog. Come, però, spiegato da Buzzfeed, in posto dal titolo “Ecco come ho accidentalmente fatto diventare virale la bufala su Avril Lavigne“, il blog è stato pensato proprio per dimostrare come vengono costruite le teorie cospirazioniste più note del web. Non solo, in cima al post c’è un chiarissimo disclaimer, ma non è servito a fermare la rapidissima diffusione della bufala su internet.