Andrei Chikatilo è stato un serial killer, noto come “il Mostro di Rostov”. Commise 53 omicidi
Biografia
Andrei Romanovich Chikatilo è nato il 16 Ottobre del 1936 in un villaggio dell’Ucraina.
Figlio di contadini in un’epoca in cui il cannibalismo era diffuso e milioni di persone morivano di stenti per le condizioni di vita terribili da una parte all’altra della Russia, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale suo padre fu catturato dai tedeschi (fece ritorno a casa molti anni dopo). Durante l’invasione delle Germania, assistette anche al rapimento della madre da parte di un gruppo di soldati della Wehrmacht.
La giovinezza di Andrei fu colma di miseria e d’impotenza fisica così evidente da essere motivo di scherno agli occhi dei compagni di scuola. Pativa, infatti, di una disfunzione sessuale che lo rese impotente a vita.
L’episodio a cui, però, si dà la maggiore responsabilità della sua follia è quello capitato al fratello maggiore Stepan, morto durante una grave carestia nel 1930, prima ucciso e poi mangiato dalla folla affamata. Questo lo segnò profondamente a tal punto da credere di avere una qualche colpevolezza da espiare per la sciagura.
All’età di 19 anni venne chiamato a prestare il servizio militare e lì venne subito etichettato come omosessuale, finché denunciò di essere stato violentato. Nel 1960, lasciata la divisa, l’ennesimo appuntamento fallito con una ragazza (a causa dell’impotenza e della reazione di lei che lo mette alla berlina di fronte agli amici) non fece altro che gettare altra benzina sul fuoco dell’odio verso le donne.
Tentò di iscriversi alla facoltà di Legge dell’Università di Mosca ma venne respinto, così a 24 anni trovò lavoro come operatore telefonico a Rostov. Da subito l’integrazione con i colleghi fu difficile e venne spesso ridicolizzato.
Nel 1963 conobbe un’amica della sorella, Feodosia (o Fayina?), con la quale si sposò. Nonostante i rapporti a letto furono disastrosi fin dalla prima notte la giovane moglie non si arrese e 2 anni più tardi nacque il primo figlio Lyudmil (1965) seguito da Yuri (1967).
Nel frattempo frequentò l’Università e fece un corso per corrispondenza finché dopo tanti sacrifici si laureò in Letteratura russa presso la Libera Università di Arte di Rostov. Nel 1971 cominciò la carriera di insegnante. Fin da subito, però, i suoi rapporti con gli alunni non furono dei migliori.
3 anni dopo, durante una lezione in piscina con la scolaresca, afferrò una 15enne e iniziò ad accarezzarla con insistenza fermandosi solo quando le urla della giovane attirarono i presenti. Poi, 2 settimane più tardi trattenne con una scusa oltre l’orario scolastico una studentessa di 14 anni e iniziò a picchiarla con un righello finché non raggiunse il piacere. La ragazza denunciò l’accaduto e Andrei dovette dimettersi. Tuttavia, trovò lavoro in un’altra scuola, ma la sua “fama” l’accompagnò, soprattutto dopo il tentativo di avere un rapporto orale con un 15enne nel sonno.
Il primo omicidio
In una fredda notte d’inverno del 1978, mancano pochi giorni a Natale quando Lena Zakotnova di 9 anni sta tornando a casa da scuola infagottata nel suo cappotto rosso. Abita a Shakty, una piccola cittadina vicino Rostov (nel sud della Russia), conosce bene la strada, ma quel giorno si è fermata più del solito a chiacchierare con i compagni e ha fatto tardi. Così, lungo la strada incontra un signore gentile che le offre una gomma da masticare (una di quelle importate, una vera rarità). Tentata, si lascia convincere e lo segue fiduciosa. Andrei Chikatilo la conduce in una baracca abbandonata. La spinge per terra e le strappa i vestiti. Le monta a cavallo strusciandosi. Usa le dita per penetrarla. La vista del sangue lo eccita e ne vuole sempre di più. La sevizia e accoltella per il piacere di farlo, poi la strangola.
Il 22 dicembre, 2 giorno dopo, il corpo della bambina viene ripescato nelle acque del fiume Grushovka. È il primo di una serie di delitti in cui le vittime sono tutte giovanissime, perlopiù bambini e adolescenti, e la dinamica è sempre la stessa: li abborda con qualche promessa di regali e li invita a seguirlo in luoghi appartati per poi stuprarli, seviziarli, mutilarli e ucciderli a coltellate o strangolati.
La polizia interroga casa per casa e alcuni residenti dichiarano di aver visto Chikatilo nella zona al momento dei fatti, ma sua moglie lo scagiona affermando che è stato a casa tutta la notte. Così le ricerche prendono un’altra direzione.
Gli altri omicidi
La sua prossima vittima è una 17enne di nome Larisa Tkachenko. Il 3 settembre 1981 marina la scuola cittadina di Rostov e lo incontra per strada. Iniziano a chiacchierare e lui propone di raggiungere un posticino tranquillo in una pineta fuori città. Strada facendo in mezzo alla boscaglia, la spinge a terra e inizia a spogliarla. Le ficca in gola un pugno di terra per smorzare le sue urla e poi la strangola.
9 mesi più tardi la prossima vittima: una 13enne che gli regala l’orgasmo solo dopo sangue e urla. La stessa sorte tocca a una ragazza di 14 anni seguita un mese dopo da un bambino di 9. 3 giorni dopo una 16enne viene uccisa. Passano 2 settimane e succede lo stesso a una 18enne e a un ragazzo di 16 anni.
La furia omicida accelera al punto tale che la polizia scopre un cadavere al giorno.
Col passare del tempo, e dei morti, affina abbastanza la tecnica tanto da permettergli di mantenere in vita più a lungo le prede per soddisfare le proprie voglie. Con il coltello provoca ferite superficiali per vederle lottare e piangere di più, poi mangia gli organi genitali. Preferisce farlo mentre sono ancora vive, mentre gli strappa a morsi i capezzoli, il naso e la punta della lingua prima di recidere gli occhi. Alle femmine asporta il seno a colpi di coltello e distrugge l’utero e l’addome, ai maschi mutila il pene, lo scroto e l’ano. Oltre naturalmente a cibarsi di alcune parti.
Andrei lascia il lavoro d’insegnante per uno di commesso viaggiatore, questo implica di dover viaggiare abbastanza distante da Rostov per conto della ditta. Proprio attraverso questi viaggi trova un’ampia scelta di giovani vittime da colpire, scagionandolo da eventuali sospetti per via della distanza. Così, nell’estate del 1983 uccide una 16enne dell’Armenia, poi una ragazza russa di 13 anni, seguita da una 25enne senza fissa dimora, un ragazzo di 18 anni, una prostituta di 19 anni e uno studente di soli 15 anni. L’anno dopo uccide una 18enne e un alcolizzato che viene ritrovato senza naso e con il labbro superiore strappato.
Nel maggio del 1984 è la volta di Tanya Petrosan e della figlia 11enne Sveta durante un picnic. La bambina si allontana con la sua bambola lasciando la madre in compagnia del demonio. La donna tranquilla e rilassata invita Chikatilo a consumare un rapporto sessuale, ma quando si accorge che è impotente inizia a deriderlo. Saranno le ultime risate prima di trovarsi piantato nella testa un coltello da cucina. Quando più tardi la bambina fa ritorno e vede il corpo della madre in un lago di sangue in mezzo al prato inizia a urlare. La ritroveranno decapitata.
Seguono altri 3 cadaveri privati dell’utero. Stavolta, però, durante l’autopsia viene identificato lo sperma di un maschio con gruppo sanguigno AB al quale appartiene “solo” al 6% della popolazione russa. Fermato e interrogato, viene rilasciato nonostante i numerosi sospetti (il suo sangue appartiene al gruppo A). Sollevato per averla fatta franca, si rifà subito con una 18enne strangolandola e colpendo 34 volte prima di ucciderla, poi le strappa gli occhi.
La pressione delle autorità aumenta e il mostro di Rostov diminuisce la sua attività, ma solo per poco, per iniziare con 6 nuovi omicidi. Ormai l’area intorno a Rostov è sorvegliata giorno e notte da agenti in borghese, quindi Andrei decide di uscire dal suo habitat per colpire una giovane donna di 22 anni (mutilata dei capezzoli e degli organi genitali).
L’arresto, il processo e la sentenza
Fin dal principio il caso è affidato ai 2 detective Viktor Burakov e Colonel Fetisov. La serialità degli omicidi fa convergere i sospetti su un pregiudicato di nome Aleksandr Kravchenko, età 25 anni, che in passato ha commesso reati simili. L’uomo, però, è estraneo ai fatti, ma la polizia riesce comunque a estorcere una confessione per 20 omicidi e nel settembre 1984 finisce davanti al plotone d’esecuzione. Convinti che giustizia è fatta, la polizia archivia il caso fino a quando non vengono ritrovati i corpi mutilati di altri adolescenti.
A questo punto le autorità chiedono aiuto a un noto psicologo russo (un “profiler”, uno psicologo specializzato nello studio e modalità dei crimini seriali nonché della psiche di chi li commette) Aleksandr Bukhanovsky che ne traccia un profilo definendolo il “cittadino X“. Secondo il medico, si tratta di un uomo di mezza età, forse sposato e con figli, ma che ha subito un trauma nella sfera sessuale che lo porta a privare degli organi genitali i corpi delle sue vittime. Sembra proprio il ritratto di Andrei Chikatilo. Da padre ideale di famiglia e insegnante di scuola a mostro spietato che nasconde sotto una maschera di gentilezza e affabilità la lama affilata della follia omicida scatenata dall’impulso sessuale e maniacale.
La polizia intensifica i controlli, ha individuato quello che ritiene il campo d’azione del serial killer dei bambini e pattuglia l’area con decine di agenti in borghese. Durante un controllo presso una stazione ferroviaria viene fermato un professore di scuola di mezza età. Nella borsa trovano un tubetto di vaselina, una corda, asciugamani sporchi e un coltello da cucina. È abbastanza per credere che sia lui la persona ricercata, ma il test del DNA lo scagiona. Tuttavia, viene condannato per il furto della tela cerata a un anno di carcere che non farà mai (grazie alla clemenza del giudice). Chikatilo torna a piede libero, e uccide ancora.
Il 19 novembre del 1990, a Novocherassk, viene arrestato. Confessa 53 delitti (21 bambini, 14 bambine e 18 giovani donne) tutte violentate, mutilate e in parte mangiate, ammettendo anche di aver provato eccitazione sessuale nel farlo. Porta la polizia sui luoghi del delitto e ricostruisce come su un set cinematografico i fatti con l’aiuto di manichini al posto delle vittime.
Resta il mistero della differenza del sangue. Infatti, al momento del primo arresto Chikatilo risultò appartenere al gruppo sanguigno A, mentre dalle analisi il ricercato doveva essere del gruppo AB. La scienza ha spiegato la cosa come una rara mutazione genetica che può portare a una divergenza tra le proteine e il DNA stesso: Chikatilo era uno di questi casi.
Il processo, istituito nel 1992, lo vede preda della follia più completa. Arriva a negare di essere l’autore di quegli orrendi crimini da lui stesso confessati. Fortunatamente le registrazioni lo inchiodano e giudicato capace di intendere e di volere e responsabile degli omicidi a lui ascritti, viene condannato a morte con un colpo di pistola alla testa ricevuto in ginocchio davanti al boia il 14 febbraio 1994 nel penitenziario di Mosca, dopo aver trascorso gli ultimi 6 mesi in isolamento in una vera e propria gabbia.