Ricercatori italiani hanno determinato la differente risposta allo stress delle cellule maschili (XY) e femminili (XX). Le cellule degli uomini sottoposte a stress tendono all’apoptosi (suicidio cellulare), quelle delle donne a resistere e sopravvivere
Sotto stress le cellule maschili si suicidano, quelle femminili resistono. Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere, almeno per quanto riguarda salute e terapie. Essere uomini o donne, infatti, condiziona insorgenza e decorso delle malattie, ma anche risposta alle cure. E’ quanto emerge dal lavoro di un gruppo di ricercatori del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’Istituto superiore di sanità che, in uno studio pubblicato su ‘Cell Death and Disease‘, in collaborazione con ricercatori dell’università di Bologna e del Cnr di Roma, è riuscito a identificare alcuni componenti molecolari alla base della diversa risposta delle cellule maschili (XY) e femminili (XX) agli stress, capaci di attivare i processi di morte cellulare (apoptosi) o di indurre meccanismi protettivi (autofagia).
“In generale – spiega Paola Matarrese dell’Iss, coautrice della ricerca – le cellule maschili rispondono allo stress andando incontro a morte programmata (apoptosi), una forma di suicidio cellulare regolato; mentre le cellule femminili, in risposta allo stesso stress, attivano meccanismi di sopravvivenza (autofagia) e resistono alla morte cellulare“.
“Alla base di queste differenze – sostiene Anna Ruggieri del Centro Iss per la salute genere specifica – potrebbe essere coinvolto un microRna (miR548am-5p) che, proprio per questo, è stato oggetto del nostro studio“. I microRna sono brevi sequenze di materiale genetico che regolano l’espressione dei geni e sono in grado di cambiare il destino delle cellule modificandone le funzioni, la specializzazione e la capacità proliferativa. Hanno un ruolo di rilievo in molte malattie, dai tumori alle patologie infettive e autoimmuni, nelle quali si sono osservate alterazioni dei loro livelli di espressione. Inoltre, ogni microRna è in grado di regolare numerosi geni, generando potenzialmente un effetto a cascata di grandi proporzioni.
I microRna sono presenti anche sui cromosomi sessuali e in particolare sul cromosoma X. Le cellule delle donne hanno due cromosomi X, quelle degli uomini uno solo. Per mantenere un equilibrio nel numero di geni e di proteine, nelle cellule femminili uno dei due cromosomi X rimane inespresso, viene cioè inattivato. Alcune porzioni del cromosoma X sfuggono però all’inattivazione. Questo significa che, le donne, rispetto agli uomini, hanno un numero doppio di quei geni che si trovano proprio nelle zone del cromosoma X sfuggite all’inattivazione. Partendo da un’analisi bioinformatica, l’equipe ha selezionato alcuni microRna localizzati proprio in quelle regioni del cromosoma X che sfuggono all’inattivazione, identificandone alcuni che sono quindi espressi maggiormente nelle cellule femminili.
I ricercatori hanno così verificato sperimentalmente che il miR548am-5p era presente in cellule femminili umane (fibroblasti di cute) a livelli cinque volte maggiori rispetto alle stesse cellule maschili ed era direttamente coinvolto nella regolazione del destino cellulare (apoptosi o sopravvivenza). “In particolare, l’alto livello rilevato nelle cellule femminili sarebbe responsabile – continua Ruggieri – della maggiore resistenza a diversi tipi di stress, attraverso la regolazione di alcuni geni, come Bax e Bcl2, coinvolti nei meccanismi di morte mediata dai mitocondri“.
La scoperta che non solo geni, ma anche elementi regolatori della loro espressione “siano presenti in quantità diverse tra uomo e donna – conclude Matarrese – dimostra ancora una volta come la biologia dei due sessi sia fondamentalmente diversa e come tale vada affrontata. Una delle importanti ricadute di questa scoperta è dunque il potenziale utilizzo di questi microRna come biomarcatori di quelle malattie che colpiscono i due sessi in maniera diversa, oltre che come nuovi bersagli terapeutici sesso-specifici“.
Fonte: adnkronos.com