Valentina Mattioli, oggi 40enne, racconta il suo calvario, commossa dalla tragedia del ragazzo morto, spiega come ha fatto a uscire dall’anoressia
Anoressia, Valentina Mattioli, la donna che ha lottato per 19 anni.
Una giovane vita spezzata a soli 20 anni, per un male subdolo ed ancora troppo oscuro. Non poteva rimanere indifferente alla tragedia di Lorenzo Seminatore, il giovane piemontese stroncato dall’anoressia, chi come lui ha attraversato quel tunnel che conduce alla morte (anoressia e bulimia sono la prima causa di decesso per malattia tra gli adolescenti), ma a differenza del giovane torinese ha avuto la fortuna di imboccare un’uscita. E così ora prova una rabbia incontenibile la fanese Valentina Mattioli, una donna rinata a 35 anni dopo un lungo percorso di sofferenza e cura, che oggi alla soglia dei 40 anni (di cui 19 trascorsi afflitta dall’anoressia nervosa) si sente “una miracolata”.
La storia
“Si fa presto a dire Fatevi aiutare, chiedete aiuto…. Ma vi assicuro che troppo spesso le richieste non vengono ascoltate o addirittura non vengono finanziate“. La dura realtà raccontata da chi ha vissuto quel dramma sulla sua pelle, è che in Italia non esistono strutture pubbliche in grado di accogliere e curare i ragazzi che soffrono di queste patologie. E quelle poche cliniche private convenzionate, hanno liste d’attesa spesso più lunghe delle prospettive di vita di chi vorrebbe accedervi, oltre ai costi di cui il sistema sanitario nazionale non si fa carico facilmente.
“La burocrazia ci uccide. Io sono dovuta andare a Varese perché nelle Marche, a parte ambulatori e Day hospital, non c’è nulla. Quando il caso è grave come era il mio, questi servizi non bastano. Io mi sono dovuta spostare in Veneto, in Lombardia… ti devi curare per forza fuori Regione, con la tua Regione che (pagando più di quello che pagherebbe offrendo essa stessa il servizio, ndr) spesso taglia i fondi per queste patologie. Per mia fortuna non è stato il mio caso: le Marche mi hanno pagato 19 mesi di terapia a Varese. Ma nel percorso ho visto compagni non ancora guariti dover uscire dalla clinica, perché l’Asur non pagava più. Tra di loro qualcuno ora non c’è più“.
E’ un grido di rabbia e di dolore quello di Valentina. “Fatevelo un giro presso i centri residenziali, presso le comunità che curano i DCA (disturbi del comportamento alimentare, ndr), fatevela una chiacchierata con chi sta soffrendo, toccate con mano il loro dolore. Immaginate che siano i vostri figli, i vostri parenti, i vostri amici vostri cari e soprattutto fate in modo che sui giornali non escono più notizie come quella di Lorenzo“, implora rivolgendosi alle istituzioni, al servizio sanitario nazionale, al Ministero della Salute e a tutti gli uomini e le donne, passati più o meno indenni attraverso l’adolescenza, che siedono nelle stanze dei bottoni.
“Avevo 16 anni quando ho deciso scientemente di smettere di mangiare. Ero un’adolescente molto fragile che non si sentiva ascoltata. E quello era il mio modo per essere vista. All’inizio pensavo di poter invertire la rotta quando volevo. Sette mesi dopo aver iniziato a rifiutare il cibo, però, mi sono accorta che avevo perso il controllo di me, che se decidevo di mangiare un gelato… i sensi di colpa (per le regole ferree che mi ero autoimposta per tutto quel tempo), avevano la supremazia. Ero diventata vittima di me stessa. Poi sono subentrati lentamente la depressione, l’isolamento, la mania di perfezionismo a scuola, la chiusura totale al mondo“. In 18 anni i familiari l’hanno vista lentamente spegnersi, fino ad arrivare al 6 ottobre 2014, il giorno del ricovero nella clinica varesotta dove ha trascorso 15 mesi in cura. Poi il 6 gennaio 2016 le dimissioni e la paura della vita fuori dalla clinica, a casa, a Fano.
“Adesso la mia vita è bella, lavoro (Valentina è impiegata da Equilibri, libreria a Fano della cooperativa I Talenti, ndr), tre anni fa ho incontrato il mio compagno e ora progettiamo una vita insieme. Mio padre è finalmente sereno e domenica sono stata al mare. Era di un azzurro bellissimo e grazie all’aria tersa si vedeva bene l’orizzonte… caro Lorenzo, domenica prossima ti porto al mare con me, perché lì la vita sa di libertà“.
Fonte: ilrestodelcarlino.it